Ride for Children day9: Aosta – Villeneuve
Eccomi al giorno dei giorni, quello di tante ansie e attese, che come se non bastasse combatterci da un anno, sono aumentate nell’ultimo giorno a causa di previsioni meteo avverse e decisioni intraprese ora dopo ora. Per non farsi mancare niente, un temporale che, senza troppe presentazioni, si è abbattuto sulla tenda la sera prima, giusto per passare il dito nella piaga. Ma il viaggio è anche (e soprattutto) questo e per quanto si possa fare attenzione all’organizzazione, non mancherà mai una grossa percentuale di possibili imprevisti.
Quando mi sveglio metto un attimo a fuoco la situazione, quasi pensando se tutto quanto accaduto la sera prima fosse vero o meno. Intanto sto bene e sta bene la tenda, che ha retto in maniera impeccabile. Non so fino a che ora si è protratta la pioggia, ma internamente di gocce d’acqua nemmeno l’ombra e questo è davvero un grande successo.
Apro la zip della tenda e fuori c’è un camping totalmente inzuppato. La bici è lì ancora ancorata ad alcuni pali, con la bandiera italiana un po’ strappata nella parte terminale che rende più wild la situazione.
Ovviamente per quanto dentro sia tutto asciutto, la tenda esternamente non lo è e questo significa perdere un bel po’ di tempo a rimuovere foglie, terreno ed acqua prima di impacchettarla.
Impiego quasi un’ora per essere pronto a partire e faccio appena in tempo perché inizia a piovigginare nuovamente. Che faccio? Continuo? Non so, per ora inizio ad uscire dal camping e andare verso il centro di Aosta, anche perché ho fame e voglio far colazione…poi il resto si vedrà.
Sono quasi le 7 ma quel cielo grigio topo rende tutto similmente notturno. Entro ad Aosta con l’intenzione di un giro veloce per il centro, ma meglio evitare di bagnarsi troppo e quindi mi rifugio in un bar in piazza Emile Chanoux, così che intanto possa fare colazione.
Lascio la bici al coperto nella verandina esterna al bar e dopo 5 minuti i pochi presenti a quell’ora sono tutti intorno a guardare il cartello che lascia intendere cosa sia Ride for Children. Forse una delle ultime volte che questo possa accadere, visto che passato il confine, solo qualche italiano sparso sarà capace di leggerlo. Grande errore non pensarne uno in inglese o forse meglio ancora in francese considerando l’itinerario.
Esco dal bar e volano domande. Qualcuno mi consiglia di non salire verso il passo ed aspettare domani. Così infatti faranno alcuni tizi che saliranno a piedi lungo il percorso della Francigena. L’unico meno d’accordo sembra un uomo di mezza età seduto quasi in disparte ed incurante della situazione. Mi guarda e indica lentamente con la mano il lato della montagna, incoraggiandomi a salire perché a detta sua è questione di poche ore e il cielo rischiarerà. In effetti lo stesso dicono le previsioni meteo e il caso ha voluto che nel frattempo abbia smesso di piovere.
Approfitto per salutare e andare via. Attraverso la lunga piazza dove risiede anche il palazzo municipale e mi infilo nella prima strada per scoprire questa interessante città, ma il vagabondare mi da quasi fastidio, perchè in fondo quello che voglio oggi è salire e superare il passo. Non riesco a pensare ad altro.
Quindi accendo il dispositivo GPS, faccio partire la mappa e prendo la prima strada più vicina all’inizio della salita. Pochi minuti e sono alla rotonda dove il cartello indica la direzione cercata. Sono circa 35km di salita a dividermi dalla vetta, dove c’è anche il confine tra Italia e Svizzera.
Come spesso accade, l’ansia e le paure fanno parte solo del “prima” e una volta iniziato, si lasciano alle spalle. La strada non comincia con pendenze particolari e in effetti si può dire che non ne avrà mai fino in vetta se non fosse per la lunghezza kilometrica e soprattutto il peso della bici, aspetti che cambiano totalmente la percezione dello sforzo rispetto ad affrontarla senza. Basta il 5% di pendenza e bisogna già spingere sui pedali e rendere più agevole il rapporto del cambio.
Primi chilometri che passano presto, con più occhi al cielo che continua ad essere grigio, che al resto, dove per resto si intende una zona residenziale e l’ingresso autostradale. Man mano diminuiscono le auto e aumenta la natura, ma sono tanti i ristoranti e i B&B in questa zona, anche qualche camping. Nel salire non noto il cambio di temperatura, ma basta fermarsi per una foto e rendersene conto.
Poco dopo Gignod noto che ho percorso i primi 10km e al momento tutto procede per il meglio. Il vento è abbastanza forte ma non frontale e le nuvole passano molto velocemente, lasciando intravedere scorci di azzurro lontani tra le vette. Forse sia le previsioni che l’uomo al bar hanno detto bene, però ogni tanto un po’ di pioggia viene giù, ma non così tanta da dover indossare la mantella impermeabile.
Voglio gestire al meglio gli indumenti per non sudare e allo stesso tempo non sentire troppo freddo e per ora sembra ci stia riuscendo alla grande.
La strada è ora abbastanza isolata e priva di abitazioni, regalando scorci stupendi finché non si giunge a Echevennoz, un piccolo agglomerato di case che anticipa il borgo di Etroubles. Quest’ultimo rappresenta all’incirca il luogo di metà salita ed è molto bello, non a caso nella lista dei borghi più belli d’Italia.
Dopo Etroubles, supero anche St Oyen facendo rifornimento di acqua da una fontana che non è altro che la diramazione di quella del ruscello alle spalle.
Poco più avanti trovo la biforcazione tra la strada del traforo a sinistra e quella che porta al passo a destra. Penso a quante volte nell’ultimo hanno ho guardato quel posto in una webcam su internet, per capire quanta neve ci fosse ancora.
Intanto ho percorso 20km e sono poche centinaia di metri dal borgo di St Rhemy en Bosses, ultimo borgo della salita e noto per la produzione di un ottimo prosciutto crudo.
Nonostante tutto, ricorderò per sempre l’arrivo a St Rhemy per il fantastico sole e il cielo azzurro che vien fuori dalle nuvole. Nonostante l’aria fredda, mi concedo qualche minuto all’ingresso del borgo dove c’è appunto la sede del prosciuttificio. Prosciutto che non ho potuto assaggiare perché la vendita viene effettuata 3km più giù e non ci penso nemmeno minimamente di riscendere 3km.
Mancano poco più di 10km e ora tutto diventa magico, perché col sole acquisto non solo serenità, ma il paesaggio diventa ancora più bello di quanto già non lo fosse nonostante la pioggia.
Dopo due tornanti lunghi alla fine dei quali c’è un’area camper, la strada si fa spazio in una zona di alti alberi per poi uscirne dopo un paio di km, quando si passa sotto alla strada del traforo lato italiano.
Ora inizia la parte più dura perché le gambe cominciano ad avvertire i 25km precedenti e il peso del carico sulla bici, ma tutto ciò che è intorno finisce quasi per far dimenticare qualsiasi problema. Davanti ho le tre rampe che portano al passo e rocce e pascoli verdi prendono il posto della foresta, attraversati da ripidi e stretti ruscelli. Probabilmente uno dei panorami più belli che abbia mai visto in tutta la mia vita.
Continuo a salire e faccio più soste in questi ultimi km che in tutti i precedenti, è impossibile trattenersi dallo scattare foto e dal fermarsi qualche minuto per sentirsi parte di quel luogo eccezionale.
Dopo il primo dei tornanti c’è una baita dove mi fermo a mangiare qualcosa. Hanno marmellate e torte, di cui mangio avidamente una fetta. Fino a quel momento mi sono trattenuto dal mangiare troppe cose per evitare pesantezza o altri effetti problematici, ma ora manca poco e il controllo lascia spazio alla felicità e alla spensieratezza che si vive in un momento unico come questo.
All’ultima grande curva ci sono delle mucche al pascolo e alcune auto ferme, sono famiglie romane e si congratulano per la salita in bici. Mi fermo a parlare con loro un bel po’ di tempo e quando sto per ripartire mi indicano col dito dove è il passo. Manca poco più di un km.
Affronto l’ultima rampa con al mio lato destro un panorama assurdo che termina tra le rocce che annunciano la fine della salita. Girando a sinistra la strada sembra farsi spazio tra due rocce e vengo investito da una piccola nuvola spazzata velocemente da un forte vento. Davanti a me il passo del Gran San Bernardo, col suo lago, il confine con la Svizzera e in fondo il famoso ospizio della via Francigena. E’ un sogno che si avvera.
Nel fermarmi per foto e video mi accorgo che fa davvero freddo e non è una sensazione visto che il termometro segna 5°C. Indosso la mantellina impermeabile per proteggermi maggiormente dal vento e poi entro al hotel Italia per mangiare. Provare piacere nel bere un brodo bollente il primo luglio è qualcosa che pensavo non potesse mai accadere, ma con quel freddo è un toccasana.
Ci aggiungo un bel panino con prosciutto e formaggio e una birra e mi sento messo a nuovo, pronto per ripartire e affrontare la lunga discesa svizzera che mi riporterà a valle dall’altra parte delle Alpi.
Prima di andare via però approfitto per godermi il posto. Sembra uscito da una fiaba. Il lago con qualche sprazzo di neve, la statua di San Bernardo e il passaggio in Svizzera dove mi aspettavo un controllo doganale che invece non c’è. Ogni volta che arrivo in Svizzera sembra che nessuno ci tenga a controllarmi!
Entro anche all’ospizio nella speranza di un bagno che non trovo e poi ripiego nel bar subito dopo, dove inizia la discesa.
Ora è il momento di andare via, probabilmente è bellissimo dormire li’ su di notte ma allo stesso tempo un peccato non approfittare di 50km di discesa che mi portano molto avanti. Una discesa lunghissima che da quota quasi 2500m porta a 500m slm. A parte il primo tratto con diversi tornanti, il resto è tutto abbastanza veloce e spesso devo rallentare per non farmi prendere da quel mix di pendenze e adrenalina che spingono a velocità pericolose. Il paesaggio è sicuramente bello ma nettamente più bello quello sul lato italiano, cosa che già in molti mi avevano predetto. Dopo una lunghissima galleria paravalanghe che porta la bici ad una velocità assurda senza che me ne accorga, si vedono le prime casette in legno che indicherebbero a chiunque di essere in Svizzera anche senza saperlo.
La temperatura aumenta nell’ordine dei minuti ma essendoci molto vento apparente in discesa, non tolgo nulla finché non giungo a valle entrando nel centro della città di Martigny. Qui la discesa è terminata e raggiungo le sponde del fiume Rodano dove c’è una ciclabile stupenda immersa nella natura.
Il fiume fa da confine naturale tra il cantone Vaud e quello Vallese, il quale non troppo lontano da qui confine con la Francia. Mancano circa 40km dalla città di Villeneuve sul lago di Lemano (che qualcuno conosce come lago di Ginevra), dove ho intenzione di terminare questa tappa.
Sono 40km di massimo relax considerando quanta attenzione è stata necessaria lungo le strade italiane in questa prima settimana di viaggio e quella in salita e discesa nell’oltrepassare le Alpi. Arrivo nel tardo pomeriggio sul lago e la cittadina di Villleneuve è molto carina, come del resto anche alcuni borghi attraversati nei precedenti km di ciclabile.
In centro c’è una festa con canti, balli e tanto cibo, dove far un salto dopo aver sistemato la tenda nel camping che si trova a pochissimi passi. Purtroppo invece il ragazzo nell’accettazione mi dice che è tutto pieno, anche quando gli dico che mi basta davvero uno spazio piccolissimo per la tenda. In compenso però si rende conto della mia situazione, soprattutto quando gli dico che sto venendo dall’altra parte delle Alpi e molto gentilmente chiama ad un camping poco lontano per chiedere se c’è disponibilità. Fortunatamente la chiamata va a buon fine e nemmeno il tempo di dirmelo che sono già sulla via che porta all’altro posto.
Il camping in questione si chiama les grangettes, è sul lago al termine di una riserva naturale che porta lo stesso nome. E’ immenso, pieno di roulotte, camper e casette, un ristorante grande, servizi e un prato dove poter montare la tenda.
La cura del posto non ha niente a che vedere con quanto visto in Italia. Un prato perfetto dove si ha piacere a stare a piedi nudi. Il ristorante è invitante ma preferisco togliere i bagagli dalla bici e andare con quella in centro e mangiare lì, così da visitare anche la città.
A parte la bellezza del posto e la cura dei camping, si nota che sono in Svizzera anche dal prezzo di un piatto di kebab, ma è preparato ottimamente e ne è valsa la pena.
Dopo cena e giro in bici per la città, torno al camping abbastanza tardi, vittima delle ore di luce che qui iniziano ad essere davvero tante.
Una volta avvolto nel sacco a pelo, ci metto pochissimo ad addormentarmi.
Dati tecnici di tappa
- Distanza: 132,51km
- Dislivello: 2088m
- Tempo di pedalata: 8h 15′
- Velocità media: 16,0 km/h