La Napoli Obliqua: Calata San Francesco – #napolinside
Siete al quartiere Vomero, magari nei pressi di via Cilea o di piazza Quattro Giornate e volete raggiungere il lungomare di via Caracciolo? Ok, prendete la linea1, scendete al centro, poi cambiate, etc…oppure la funicolare, poi piazza Amedeo, bla, bla,bla.
Un consiglio? Lasciate perdere! C’è un’alternativa veloce, comoda e panoramica che in 20 minuti di passeggiata vi accompagna fino al lungomare. Questa alternativa percorre una delle tante rampe delle Scale di Napoli, che tagliano la città dalla collina al mare. In tal caso vi parlo di Calata San Francesco, già nota nell’antichità come Salita Vomero.
Proprio su via Cilea c’è una traversa che da un lato porta allo stadio Collana e dall’altro va nella direzione che ci interessa. Si tratta di vico Acitillo. Avanzando per pochi metri, questa stradina interseca via Belvedere, dove inizia proprio la discesa che prende il nome di Calata San Francesco. Il nome “Belvedere” non ha nulla a che fare col panorama, ma sembra sia dovuto ad Andrea Belvedere, pittore del 600.
A prima vista sembra una stretta strada come tante altre, ma in verità quel borgo napoletano quasi incapsulato e nascosto alle spalle della moderna via Cilea, è uno dei luoghi storici del quartiere Vomero. Proprio lì lungo via Belvedere e continuando poi su via Santo Stefano, 2200 anni fa si percorreva la strada Antiniana o meglio la Puteoli – Neapolis per collem, sostituita poi da quella lungo la costa di cui vi parlo nell’articolo delle Terme di via Terracina.
E sempre lì sulla stessa via Belvedere c’è la targa della masseria Pagliarone, luogo che simboleggia l’inizio dell’insurrezione partenopea contro l’esercito nazista. Nel 28 settembre del 1943, alcuni napoletani bloccarono un mezzo nazista, uccidendone i soldati e dando inizio a quelle che furono poi ricordate come le Quattro Giornate di Napoli.
Inizialmente la discesa è una strada in basolame che va giù con poca pendenza fino a via Aniello Falcone, tra bassi abbelliti da fiori e balconi arieggianti si inizia a captare quella tranquillità che contraddistingue il resto della passeggiata. Da lì si scorge qualche villa storica come quella dei Carafa di Belvedere.
Attraversata via Aniello Falcone, la discesa continua fino al punto dove iniziana la gradinata. Lì nell’angolo a destra discendendo le scale, c’è una targa antica che ricorda l’esistenza di quello che fu il Villaggio del Vomero, ovvero una zona agricola dove i suoi abitanti praticavano il gioco del Vomere, con bovini e aratri, sfidandosi a chi era in grado di creare il solco più lungo e dritto nel terreno.
In quel punto il panorama davanti a chi scende la scale è fantastico. Il mare, la penisola sorrentina e l’isola di Capri sull’orizzonte, sotto di voi il quartiere Chiaia e il lungomare.
La lunga gradinata continua in linea disordinata facendosi spazio tra gli edifici. Si prende una pausa nell’attraversamento di via Tasso, dove prende il nome appunto di Salita Tasso che mantiene fino ad intersecare il Corso Vittorio Emanuele.
Dall’altra parte dell’attraversamento pedonale riprende il basolame e la strada prende il nome di via Arco Mirelli. Nell’attraversamento successivo interseca via Francesco Crispi. Poco lontano da quel punto, ci sono le scale Massimo Troisi, note per le famose scene tra Troisi e Lello Arena nel film “Scusate il Ritardo”.
Il nome di via Arco Mirelli resterà fino alla Riviera di Chiaia dove termina. Proprio lì alla fine del percorso c’è la chiesa di San Francesco degli Scarioni, che ha dato il nome a Calata San Francesco.
Attualmente, a causa del crollo di una sezione di Palazzo Guevara, dopo la chiesa di San Francesco è necessario voltare a destra e discendere vico Fiorentine a Chiaia dove c’è un’edicola votiva alla Madonna dell’Arco.
Nonostante la piccola deviazione, il risultato non cambia. Davanti a noi si apre il lungomare e l’immensa piazza della Repubblica con al centro il Monumento dello Scugnizzo. Come per l’inizio del percorso, anche il finale ricorda le Quattro Giornate.