Ride for Children, in bici dalla Costa Vesuviana al Lussemburgo – Intro
Perché svegliarsi un giorno e decidere di intraprendere un viaggio del genere? Ma poi perché in bici? E perché il Lussemburgo?
Vi racconto come è nato Ride for Children!
Innanzitutto un viaggio di quasi 2000km in bici in solitaria non nasce ne all’improvviso ne per caso, ma matura giorno dopo giorno nella mente di chi sogna da sempre qualcosa del genere o qualcosa di similare.
Quel maturare va dal semplice pensiero felice nel sognare l’impresa, alla razionale preparazione dei mesi che la precedono, passando per idee, constatazioni, paure, esperienze personali e consigli di altri.
Nel mio caso il sogno durava da anni e il tutto ha avuto una maggiore spinta durante la pandemia, quando chiusi in casa abbiamo capito quanto sia facile ritrovarsi in bilico su un filo da un giorno all’altro.
Quindi perché non approfittare del bonus bici e comprare finalmente una bici da viaggio? Di quelle tutte acciaio che sopra ci porti l’impensabile!
Allora ecco una settimana di immersione totale nel mondo del cicloviaggio, di tutte le bici possibili ed immaginabili acquistabili con un budget onesto e soprattutto di quelle per le quali non bisognava aspettare troppo. Chiamate, mail, messaggi a negozi, fornitori, vicini e lontani, fino a trovare qualcosa di molto interessante a Bologna grazie ad un annuncio sul web. Un negozio con già pronta una genesis tour de Fer 10 e soprattutto che accetta il voucher del bonus bici.
Dopo qualche ora il bonifico e l’invio del voucher sono già a destinazione e la bici in viaggio col corriere verso Napoli.
È il 17 novembre 2020, ho una bici da viaggio, ma ironia della sorte con le restrizioni covid al massimo posso girare nella mia città. Viaggia però la testa che va oltre i confini e fantastica alla ricerca di una meta.
Ma basta poco tempo a realizzare che quella meta era fin troppo “Chiara”…decido infatti che la nipotina appena nata in Lussemburgo sarà la mia destinazione.
Ora che ho una meta ben precisa posso iniziare a creare una bozza di itinerario e potrei pensare di partire subito nell’estate successiva, ma preferisco prendermi un anno di tempo, per studiare tutto nei particolari e per far crescere la piccola, così che possa capire almeno un minimo quanto strano fosse suo zio!
Così per queste ragioni fisso un tempo per quest’avventura, programmata per l’estate 2022, cioè un anno e mezzo dopo averla pensata.
Il mio 2021 è stato un anno intenso. Il pensiero di quel viaggio mi ha tenuto lontano mentalmente da tutto ciò che succedeva, distogliendomi da paure, virus, vaccini e contagi. Non tanto nei primi mesi dove tutto era ancora vago e frutto solo di pensieri sparsi, ma soprattutto dopo la primavera, quando la decisione è diventata sempre più forte e convinta e quei pensieri vaghi prendevano sempre più forma in termini di itinerario e modalità.
Nonostante avessi già provato in passato la bellezza di un viaggio in bici, sapevo che questo sarebbe stato diverso, sarei stato solo e potevo contare solo su me stesso.
Per questo ho studiato tantissimo. Letto decine di libri di cicloviaggiatori e guardato chissà quanti video e reportage, non perché non lo facessi già prima, ma quando c’è un obiettivo concreto certe cose si osservano con occhi diversi. Ogni informazione si è rivelata d’oro e non faceva altro che far crescere in me sicurezza e dettagli da considerare. Un tempo enorme speso tra google maps e komoot per creare le tracce da seguire e studiare il percorso km dopo km.
In tanti partono con grande spirito d’avventura, senza troppi dettagli e itinerari di massima, pronti a decidere al momento. Un approccio stupendo, ma non poteva essere quello il mio caso. Il mio viaggio doveva avere una durata massima decisa dal massimo periodo di ferie che potevo chiedere al lavoro (2 settimane), una distanza ben precisa da coprire con una altrettanto precisa media di km al giorno e soprattutto due bambini a casa dai quali tornare sano, salvo e senza complicazioni. Facendo qualche calcolo sui km quotidiani (tanti viaggiatori storceranno il naso a leggere questa cosa), avevo ipotizzato di farcela in 14-15 giorni se non avessi avuto problematiche bloccanti. Considerando di poter sfruttare il weekend prima delle ferie e di prendere il volo del ritorno la domenica prima di rientrare a lavoro, mi ritrovavo 15 giorni. Troppo stretti. Dovevo azzardare la richiesta di due giorni di ferie in più che forse non essendo alta stagione avrei ottenuto, così da poter partire di giovedì e avere almeno due giorni in più nel caso ci fossero stati imprevisti. Se nemmeno quelli fossero bastati allora ovunque mi sarei trovato, avrei dovuto raggiungere Lussemburgo coi mezzi e prendere l’aereo prenotato.
Per rendere tutto ciò possibile è necessario curare ogni minimo particolare ed è quello che ho fatto per oltre un anno divertendomi come non mai.
Tutti mi hanno chiesto e ancora mi chiedono dell’allenamento, di come prepararsi fisicamente a qualcosa del genere. Non voglio dire che non serve allenarsi, ovvio che serve, ma non così tanto come va allenata la mente.
Un cicloviaggio non è una gara, non necessita di performance ad alte velocità e andature. Serve più che altro resistenza e abitudine a trascorrere intere giornate in sella senza impazzire. Per essere preparati in tal senso non basta una settimana, un mese o un anno, sono cose alle quali il corpo si abitua grazie ad uno stile di vita duraturo nel tempo. Il mio quotidiano comprende l’andate a lavoro in bici e usare la bici per eventuali commissioni, non usare mai l’ascensore nemmeno per piani alti salvo casi di ingenti pesi, camminare sempre a piedi se devo spostarmi nel raggio di 5 km, in più spesso faccio jogging ed esercizi basilari in casa.
Tutto questo non per motivi di salute o per dimagrire, ma per semplice piacere e abitudine. Se da decenni pratichi questo stile di vita non serve altro allenamento necessario per un viaggio in bici.
Proprio per questo la preparazione è stata più mentale che fisica. Negli ultimi mesi ho fatto qualche pedalata di molti km per verificare l’assetto della bici con i bagagli, ma principalmente ho dedicato più tempo a lavarmi il cervello con i viaggi degli altri, perché è la via più giusta per acquisire la giusta mentalità e volontà.
Inizialmente ho pensato soprattutto all’itinerario e su come avere una divisione orientativa delle tappe. Se dal Vesuvio vuoi arrivare in Lussemburgo, la strada più breve è di 1500km, cioè quella che dopo l’Adriatico sale verso le Alpi centro-orientali e poi attraversa l’ovest della Germania andando verso Strasburgo e quindi in Lussemburgo. Un’alternativa potrebbe anche essere lungo il Tirreno, la Cisa e poi dalla Valle d’Aosta. In bici però non sempre le strade più brevi sono le più semplici e veloci. Per poter tenere una media di km alta è importante fare quanta più pianura possibile, anche se i km dovessero risultare qualche centinaio in più.
Per questo ho sfruttato costa Adriatica, pianura Padana e Alsazia, che mi hanno permesso tappe lunghe. Le uniche salite sarebbero state quella degli Appennini nella zona del Sangro, che conoscevo bene, dei Vosgi in uno dei punti più bassi e del Gran San Bernardo sulle Alpi. Il passaggio sul Passo del Gran San Bernardo è stato un punto fermo nell’itinerario fin dall’inizio. Un luogo stupendo, storico, nuovo, sulla Francigena e in una regione dove non ero mai stato, la Valle d’Aosta. Quei 36km di salita fino a raggiungere quasi 2500mt di altitudine avrebbero rappresentato la sfida del viaggio, la sua incognita, la calamita di ogni paura e il sogno di una vita, quello di oltrepassare le Alpi con una bicicletta.
Quella bici però sarebbe stata ricoperta da bagagli e proprio questi ultimi, insieme al materiale da inserirci, sono stati protagonisti degli ultimi 10 mesi prima della partenza. Tra il bikepacking e l’assetto classico, ho scelto un ibrido con borsoni posteriori su portapacchi (Ortlieb) e borselli anteriori su forcella (Columbus), manubrio e telaio (Roswheel). L’obiettivo era quello di restare leggero, ma anche organizzato e avere tutto quello che poteva servirmi.
Per il pernottamento ho scelto una via di mezzo tra la libertà di decidere al momento dove fermarmi e un minimo di servizio come corrente elettrica e doccia. Tutto ciò si traduce in “campeggio”. La decisione della tenda è stata abbastanza ostica, non volevo spendere un capitale ma allo stesso tempo volevo una soluzione leggera, impermeabile e traspirante. Ho trovato tutto ciò nella marca Naturehike, scegliendo una Cirrus 2 posti così da star comodo portando anche borse all’interno la notte. Si è rivelata un’ottima scelta e non ho avuto mai problemi nonostante qualche notte di forti temporali.
[Guarda QUI il video in cui spiego perché ho scelto quella tenda]
Per i campeggi, considerando il periodo estivo, sapevo non ci sarebbero stati problemi, perché lungo il percorso ne avevo trovati abbastanza guardando maps. Prima di partire ho appuntato i loro nomi e il posto, considerando più o meno la zona dove avrei concluso ogni tappa.
Per la scelta di fornellino e stoviglie ci ho pensato un po’, perché avrei potuto prendere da mangiare senza problemi in un ristorante, fast food o salumeria, facendo a meno di quasi un chilo di roba, che se viaggi in bici non è poco. Ma alla fine la scelta è caduta sulla voglia di indipendenza e di poter gestire qualsiasi situazione a qualsiasi orario e quindi ho portato il necessario. Anche questa in alcune situazioni si è rivelata un’ottima scelta.
Altro materiale è rappresentato da materiale elettrico/elettronico, pulizia personale, vestiario, manutenzione bici e pezzi di ricambio. Su tutto bisogna sempre ottimizzare senza tralasciare nulla. Il mio itinerario non sarebbe stato molto isolato, anzi avrei attraversato per lo più città e luoghi abitati, ma non volevo perder tempo a cercare negozi e officine per problemi risolvibili in autonomia con l’attrezzatura giusta. Che poi non ho nemmeno bucato una volta questa è un’altra storia!
A pochi mesi dalla partenza ero pronto con tutti i dettagli. Dopo l’ok degli sponsor che mi hanno sostenuto nelle spese (VITI, Pizza Fritta 1947, Vivagando viaggi), e confezionato un completino personalizzato (D’Aniello Sportswear), ho reso pubblica la notizia sui social in concomitanza della Randonnee di Napoli. A parte la mia famiglia e qualche amico stretto, prima di quella data nessuno sapeva cosa stavo organizzando e molti probabilmente nemmeno l’avevano considerata una cosa vera.
Sulla bici non ho modificato nulla a parte la sella, comprando una brooks cambium della misura consigliata dalla visita biomeccanica. Ho preferito lasciare montati anche i parafanghi per tenerla più pulita ed anche quella si è rivelata una scelta sensata.
Ultimo step, ma forse quello più importante agli occhi di chi mi ha seguito e sostenuto, ma anche per me visto che mi ha dato tanta forza, è stato quello di dare anche un senso sociale e benefico a questa esperienza. Avrei raccolto fondi per la onlus Famiglia d’Africa che aiuta i bambini in Uganda e visto che partivo dai miei figli per raggiungere mia nipote, avrei lasciato che i bambini fossero il tema di tutto il viaggio, meglio noto come “Ride for Children”.
A questo punto bisogna solo partire…ed è quello che ho fatto la mattina del 23 giugno 2022 in un mix di paura, gioia e adrenalina. Uscire in bici dal portone di casa e pensare che la destinazione è a quasi 2000km, è una delle sensazioni che non sarò mai in grado di spiegare
Arriverò a Esch sur Alzette in Lussemburgo il 6 luglio, dopo 1910km e 14 giorni di pedalate…un giorno in meno e 200km in più rispetto a quanto avevo previsto